Interfacce seriali sincrone
Le interfacce seriali sincrone sono caratterizzate dalla presenza di un segnale di sincronizzazione (clock) che determina la cadenza con cui i dati transitano attraverso il bus. Tipicamente il segnale di sincronizzazione viene generato da una unità Master e viene utilizzato dagli Slave per la trasmissione e ricezione dati. Il vantaggio di un sistema di questo tipo risiede nel fatto che tutte le unità interessate nello scambio di informazioni possono comunicare indipendentemente dal loro oscillatore locale. Questo consente di interfacciare periferiche operanti a frequenze anche molto differenti. Due tipici esempi di interfacce seriali sincrone sono appunto SPI (Serial Peripheral Interface) sviluppata da Motorola e I2C (Inter Integrated Circuits) sviluppata da Philips. Lo scopo di questa trattazione è confrontare queste due soluzioni evidenziandone pregi e difetti.
Comunicazione SPI
La comunicazione SPI (evoluzione della meno recente Microwire) prevede una periferica Master che comunica con diverse periferiche Slave e richiede un bus il cui numero di conduttori dipende dal numero di periferiche connesse.
Comunicazione I2C
Una comunicazione I2C si avvale di un bus seriale a due fili ed è sempre di tipo half-duplex.
Meglio SPI o I2C?
Riassumendo quanto già visto in precedenza, SPI non necessita di un meccanismo di indirizzamento e lo scenario tipico vede un dispositivo Master (tipicamente un microcontrollore) ed uno o più dispositivi Slave periferici. I2C consente invece una architettura multimaster a due fili e ciascuna periferica (Slave) viene identificata con un indirizzo a 7 o 10 bit.
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